Il Centro, nato nella primavera/estate del 1968, è forse l’elemento più peculiare dell’insieme di iniziative sorte intorno alla Sinistra Universitaria. E’ costituito da una quindicina di persone: ‘anziani’ della SU, alcuni borsisti e alcuni docenti. Rilevante la presenza di due ex membri del gruppo Gramsci, attivo a Napoli intorno alla metà degli anni 1950 – Ennio Galzenati e Ugo Feliziani, il secondo nella fase intermedia della vita del Centro. Due gli obiettivi del Centro. Da un lato si propone di coordinare e dirigere le attività della SU, del movimento studentesco e delle altre forme di presenza esterna, come Rivoluzione Operaia, che via via vanno nascendo. A questo fine viene organizzato un lavoro di studio in varie direzioni: sui temi delle forze sociali e dei conflitti interni alle società capitalistiche avanzate, sulle società socialiste e sulle contraddizioni specifiche di queste organizzazioni sociali, su questioni di politica internazionale e su temi culturali. Il secondo livello di obiettivi e di attività del Centro si colloca in una prospettiva di più lunga durata. Questo secondo indirizzo di lavoro si basa sull’idea che il mondo è entrato in una nuova fase di sviluppo, caratterizzata da un’utilizzazione sempre più intensiva delle scienze, sia sul piano delle scienze e della produzione intellettuale in generale come strumento di direzione della società, sia su quello della forza lavoro. Questa trasformazione comporta la crescita progressiva di forze produttive socialmente subordinate, caratterizzate da forti competenze intellettuali. Lo studio è quindi finalizzato alla costruzione di un discorso teorico e di una direzione politico-civileculturale adeguati ai nuovi scontri che vanno maturando all’interno delle società contemporanee (forte è qui il riferimento alle idee sviluppate all’interno del Gruppo Gramsci negli anni 1954-1955, dopo l’uscita dal PCI). Le lotte universitarie, condotte dai docenti e dal movimento studentesco, costituiscono prime importanti schermaglie dei futuri nuovi conflitti (di qui il radicale rifiuto della cogestione, un vero e proprio annichilimento del carattere conflittuale delle nuove contraddizioni). Fondamentale compito del Centro è quindi riuscire ad inquadrare queste lotte in una dinamica di lungo periodo ed offrire ai movimenti degli anni ’60 una più ampia prospettiva rivoluzionaria. L’obiettivo a lunga scadenza del Centro è la costruzione di capacità teoriche e pratiche di direzione, ma per il momento non è ancora tempo di passare dalla guerriglia alla guerra aperta. L’espressione ‘guerriglia’, molto usata nei dibattiti del Centro, va intesa nel senso autentico che è stato attribuito a questa parola in questi dibattiti. La dinamica tipica della guerriglia – le incursioni armate seguite da ritirate quando lo scontro diventa insostenibile a causa del rapporto ineguale di forze – va traferita sul terreno delle nuove contraddizioni precedentemente enunciate. Un gruppo teoricamente agguerrito, nei momenti di crisi sociale, agisce apertamente: si dota di organizzazioni che operano in settori strategici della società; si batte per liberare territori sociali e costruire posizioni di forza autonome; raccoglie e forma persone. L’inevitabile ritirata nei momenti di riflusso porta a un nuovo ciclo di attività interne, di lavoro teorico e di formazione intellettuale, allargato alle nuove forze che l’intervento esterno ha guadagnato. In qualche modo, la dinamica avviata dal Centro negli anni della crisi universitaria e delle aree di ricerca è una buona illustrazione dei primi passi nella direzione sopra esposta. La straordinaria importanza attribuita dal Centro alla funzione di direzione nella vita sociale si traduce nella scelta di operare su un doppio livello: gruppo di avanguardia (di cui il Centro è prefigurazione) e organizzazioni di massa (Sinistra Universitaria, Movimento studentesco, ecc.). Viene quindi, ad esempio, rifiutata la soluzione dell’avanguardia di massa, popolare nel movimento studentesco dell’epoca. Inoltre, per rimanere nella metafora della guerriglia, non è ancora tempo di guerra aperta perché mancano una teoria e una avanguardia adeguate al livello dello scontro e le nuove forze sociali subordinate non hanno ancora raggiunto una maturazione sufficientemente profonda. Di qui deriva la scelta del Centro di non rendere pubblica la propria esistenza al di fuori della SU. Le parole ‘clandestino’ o ‘segreto’ comportano valenze che non descriverebbero la scelta del Centro: di fatto l’esistenza del Centro rimane celata. In questa visione, la maturazione dei fattori materiali, politici, ideali sopra enunciati, sposterà il terreno di lotta su un campo aperto e darà vita a livelli di scontro sempre più elevati. Ma non c’è alcun automatismo: lo scontro è aperto e gli esiti non sono determinabili a priori. Le gigantesche forze del capitalismo di Stato, delle burocrazie sovietiche e dell’imperialismo potranno dar vita a differenti scenari: l’alleanza tra le prime due – capitalismo di Stato occidentale e burocrazie sovietiche – potranno dar vita ad una modernizzazione di tipo dirigistico a scapito delle forze conservatrici; altrimenti, l’imperialismo si potrà far capofila di un fronte di forze privatistiche in alleanza con i gruppi conservatori. In questo secondo caso si riprodurrà lo scontro tra forze fasciste e forze antifasciste. Si ritorna alla valutazione secondo la quale lo spazio per posizioni apertamente rivoluzionarie è ancora stretto. Per ora “il lavoro pubblico va subordinato alla costruzione teorica ed interna in generale”. E’ questo anche il momento in cui può essere meglio chiarito il richiamo al leninismo, incontrato finora molte volte. Del leninismo si conserva – dovrei dire più esattamente Ennio Galzenati conserva – l’affermazione dell’importanza di una teoria rivoluzionaria, del ruolo della scienza in questo discorso e del momento della direzione nella vita sociale; ma il contenuto di tutti questi elementi è cambiato. L’idea di un potere costruito intorno alla politica e all’economia non è adeguata. Il mondo moderno richiede l’idea di un potere costruito intorno a contenuti politici, civili e culturali. Di questa complessità le nuove forze sociali subordinate si devono fare carico. Altro punto distintivo delle posizioni del Centro è il rifiuto drastico di ogni forma di entrismo nelle organizzazioni politiche della sinistra, sulle quali viene dato un giudizio di totale fallimento. Il Centro mira piuttosto a stabilire rapporti con altri gruppi nazionali di orientamento simile, in particolare con il gruppo genovese di Lotta comunista e con il gruppo della rivista Lavoro Politico di Trento – organizzazioni che sottolineano l’importanza del lavoro teorico. Le attività del Centro continuano più a lungo di quelle del movimento: incontri e dibattiti proseguono. Persone che hanno fatto parte del Centro o della SU fondano la casa editrice Thelema che pubblica alcuni volumi, tra cui In nome della necessità, di Jean-Paul Malrieux, uno dei contatti francesi del Centro. Nei primi anni ’70 le attività del Centro si esauriscono. Rimane viva una tradizione di incontri, di gruppi di studio e di dibattiti. I documenti conservati e qui presentati sono quasi tutti relativi alle attività di studio, mentre solo pochi si riferiscono alla direzione delle attività esterne. Inoltre, molti riportano solo le relazioni introduttive ai dibattiti del Centro. Ne viene fuori un’immagine relativamente distorta, di un lavoro pressoché esclusivamente teorico. In particolare, grazie all’accurato lavoro di archiviazione di Ennio Galzenati e al fatto che le relazioni erano spesso tenute da lui, i documenti testimoniano quasi un lungo, teso monologo di Galzenati. Unica eccezione a questo quadro è il ciclo di discussioni collettive sul Capitale, riportate per intero. L’archivio cartaceo completo del fondo “Movimento di opposizione. Napoli: 1967-1972” contiene anche due grosse bobine magnetiche dove sono registrati per intero alcuni dibattiti del Centro.